Lontano dall'Alaska

"Con un suono difficile da definire, Far From Alaska ha influenze tanto diverse quanto controverse, risultando in una proposta almeno interessante. Quello che posso garantire è che è rock". (rilascio della band)

In un freddo San Valentino nella capitale Santa Catarina, dove molte coppie preferivano godersi la notte sotto le coperte o fare tanti altri programmi appassionati, sono andato a dare un'occhiata a una delle attuali rivelazioni della musica brasiliana, la band Lontano dall'Alaska.

La notte "romantica" è stata aperta da Santa Catarina Colpa, con la sua forte presa su grunge e hard rock. Purtroppo non ho potuto seguire l'intero spettacolo del Santo Amaro da Imperatriz, guardando solo la copertina di Rage Against The Machine.

Qualche birra e altre conversazioni quando, verso l'una del mattino, il FFA è salito sul palco di Cella vetrina, aprendo lo spettacolo con il fiore all'occhiello del loro ultimo album, modeHuman (la band ha un EP, Stereochrome, del 2012), e da lì ho sentito cosa mi avrebbe colpito: un gran colpo rock'n roll-elettronica-sperimentale-visiva.

Furto subito ha mostrato la voce potente che emily barreto visualizza. La ragazza mostra personalità davanti ai microfoni e ha una voce che, oserei dire, a volte mi ricordava una versione femminile di Chris Cornell, cantante di band come Soundgarden e Audioslave; una voce lacerata e acuta, ma con una propria identità.

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Insieme a lei formano la squadra che viene da "lontano dall'alaska" (Rio Grande do Norte, per essere precisi) Chris Botarelli, sul sintetizzatore e altre apparecchiature/piccoli rumori (e questo aiuta molto anche con una seconda voce molto presente); Laura Kirsh, nella batteria; Rafael Brasile, alla chitarra; e Eduardo Filigueira, in fondo.

Poi un altro giro di pesi, con Un altro round. La musica entra carica e si calma, arrivando con la voce di Emmily come una zattera galleggiante, che scorre in alto mare e che, quando meno previsto, viene investita da una sequenza di onde, dando alla musica una direzione ritmica, dei bassi, che ti attacca e ti lascia tamburellare la cadenza dei tamburi. E parlando di batteria, questa ha un peso che poche band dell'attuale scena nazionale, che seguono un percorso simile a Far From Alaska, presentano. Lauro Kirsch lascia andare il suo braccio senza paura di essere felice e colpisce - come tutti gli altri - proprio in porta.

Em Deadman, la band segue lo schema caricato, facendo sobbalzare molto il pubblico. La canzone ha diversi livelli, con la batteria e il basso che segnano la canzone, così come gli effetti sonori (una tastiera che sembra un clavicembalo), dando alla canzone una propria concezione.

E quando la vedi, dal nulla, la canzone finisce, facendo spazio a Politica, con una chitarra stridente nel miglior spirito bluez. La musica ha una presa molto sorprendente, molto interessante. Oltre al nome, il testo mi sembra portare una sensazione che si adatta allo scenario politico attuale: Non abbiamo bisogno della tua protezione/Possiamo combattere per quello che siamo/Sì, hai molto potere/Ma non intendiamo essere delle star/Dimentica solo il tempo/Quando hai governato per tutta la nostra vita/Noi Rimarrò nella nostra posizione/Non te la caverai con le bugie (Non abbiamo bisogno della tua protezione/Possiamo combattere per quello che siamo/Sì, hai molto potere/Ma non vogliamo essere delle star/Dimentica solo il tempo/Quando ha governato tutte le nostre vite/ Manteniamo la nostra posizione/Non scapperai con le bugie, letteralmente traducendo).

Lo spettacolo ha mantenuto l'atmosfera vivace con Mamma, Comunicazione (questo è forse il più "carino" dei brani presentati, con un tono leggermente veloce, con una tastiera da piccolo spettacolo), dadi rotolanti (che inizia a ricordare Money, dei Pink Floyd) e A proposito di coltelli.

Le cose sono tornate energiche. Dino vs. dino, forse la più nota delle canzoni del quartetto. Dino vs. dino sembra la rivolta dei dinosauri; camminando, a volte con leggerezza, inseguendo la sua preda, a volte correndo furiosamente in ogni angolo, atterrando e devastando la preda. Per concludere la serata, la canzone che chiude il disco, Monocromo.

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Quello che posso dire - e ho già evidenziato molto durante il testo - è che Far From Alaska è una piacevole sorpresa nel panorama musicale brasiliano. Spero che la band continui molto bene (come già è), mantenendo le sue radici, ma senza smettere di sperimentare, poiché sembra che anche lo sperimentalismo sia una delle sue caratteristiche salienti. E non potevo non ringraziare il scatola indipendente, in particolare Alessandro Salles, per la credenziale ad accompagnare lo spettacolo e per tutta l'ottima struttura da loro allestita e organizzata. Congratulazioni per lo spettacolo e grazie di tutto.

Gabriele Faraco
gabriellfaraco@gmail.com

Foto: Comunicati stampa/Facebook


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